Canone Rai: quando il pagamento lede la privacy
La raccolta dei dati messa in atto dalla Rai S.p.a. per reperire i nominativi di chi acquista nuovi televisori per imporre il pagamento del canone Rai è una proceduta che è stata censurata dal Garante per la protezione dei dati personali. Lo scrive il sito Investire oggi, secondo cui i rivenditori di apparecchi televisivi erano tenuti alla compilazione di un Registro di carico e scarico delle Tv, registro che però è stato soppresso nel 1994 eliminando i presupposti normativi per la raccolta che riguarda gli apparecchi televisivi. Il provvedimento del Garante, però, non piace alla Rai e all’Agenzia delle Entrate che hanno chiesto al Tribunale di Roma di sospenderlo. Il Tribunale, anche se in un primo momento ha accolto la richiesta, successivamente ha dato ragione al Garante poichè le convenzioni tra Rai e Agenzia delle Entrate (del 1988 e del 1999) sostengono che l’Agenzia delle Entrate è responsabile dei dati relativi ai soggetti che acquistano gli apparecchi televisivi, ma non titolare. Proprio per questo l’Agenzia delle Entrate si deve limitare ad una raccolta dei dati e non può trasferire il potere pubblico di farlo al rivenditore che li fornisce. In un secondo momento la Corte d’Appello ha capovolto il verdetto dando ragione all’Agenzia delle Entrate poichè coloro che acquistano apparecchi televisivi sono anche contribuenti e la collaborazione del rivenditore è uno strumento per la lotta all’evasione fiscale del canone Rai. A questo punto il ricorso è arrivato alla Corte di Cassazione che lo ha accolto poichè il Tribunale di Roma ha correttamente rilevato che la fonte normativa della raccolta dei dati relativi agli acquirenti di apparecchi radiotelevisivi era il Registro di carico e scarico, soppresso nel 1994.
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